Torino Lione: come uscire dal Tunnel
Idee admin 8 marzo 2012Come avrete letto su http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/445618/ Antonio Ferrentino, in qualità di Sindaco di Sant’Antonino di Susa, presenterà Lunedì prossimo al tavolo dei sindaci della Val Susa (nel quale parteciperanno il prefetto, Cota, Fassino, Saitta e Virano) un documento molto articolato che vorrei condividere.
Torino Lione:
come uscire dal Tunnel
di Antonio Ferrentino
Le grandi infrastrutture di trasporto, soprattutto quelle ferroviarie, non sono oggetti “magici” che automaticamente, una volta realizzate, si riempiono di traffico e portano sviluppo. Perché questo accada, bisogna che si verifichino molte condizioni: il collegamento deve rispondere ad esigenze reali di mobilità passeggeri o merci, ma anche inserirsi in modo corretto nelle reti preesistenti, rapportandosi ad una cornice di regole e rapporti economici che gli consenta di svolgere la sua funzione. Altrimenti, anche le opere migliori e tecnicamente avanzate rischiano il sottoutilizzo, che significa mancati benefici a fronte dei costi, spesso ingenti, richiesti dalla loro costruzione. In breve, spreco di risorse pubbliche.
Non si tratta di riflessioni teoriche: il paese è ricco di situazioni come questa. La nuova linea del Tarvisio, che collega l’Italia all’Austria quasi interamente in galleria, sostituendo la vecchia ferrovia a singolo binario, non ha portato ad alcun significativo incremento di traffico. La linea ad alta velocità Torino-Milano, realizzata sostenendo costi elevatissimi che venivano giustificati prevedendo un traffico di 300 treni/giorno, è oggi utilizzata per il 10% della sua capacità; e lo stesso TGV francese (il TGV!) è costretto tuttora a servirsi del collegamento storico, esistente da metà Ottocento. L’attuale situazione economica torinese consiglierebbe forse qualche riflessione a tutti coloro che presentavano la linea AV come essenziale, e quasi salvifica, per lo sviluppo della città.
D’altro canto, anche coloro che si affrettano a dichiarare l’inutilità di ogni opera, grande o piccola che sia, peccano spesso di schematismo. Infatti, molte delle condizioni che assicurano la funzionalità dei nuovi collegamenti non sono dati di natura, definiti una volta per tutte ed invariabili nel tempo. I flussi di passeggeri e merci che li utilizzeranno possono variare in rapporto alle scelte fatte su collegamenti alternativi; le connessioni alle reti preesistenti possono essere realizzate con modalità diverse (e non è detto che le soluzioni tecnologicamente più avanzate siano anche le migliori dal punto di vista delle necessità di traffico); le regole di funzionamento e di accesso possono essere riviste. Ne consegue che la stessa infrastruttura, collocata entro diverse cornici di scelte generali, può generare effetti molto differenti.
Prendiamo il caso del nuovo tunnel del Gottardo: lì la Confederazione Svizzera persegue già da molto tempo una politica di trasferimento delle merci dalla strada alla rotaia, che si concretizza in un pacchetto di misure, tra loro complementari. Da un lato, si sono alzate le tasse di transito per gli autocarri; dall’altro, si sono riformate le ferrovie, consentendo loro di produrre servizi competitivi ed anche di uscire dal paese in cerca di clienti. Come risultato, il traffico ferroviario cresce da tempo, utilizzando la linea esistente, di impianto ottocentesco, ormai vicina alla saturazione. Ciò non soltanto rende ad un certo punto necessario il nuovo tunnel, ma ne prepara anche le condizioni di miglior funzionamento futuro.
In Valle di Susa, il conclamato sottoutilizzo della linea dipende da una pluralità di circostanze. Da un lato, la domanda è certamente meno intensa e dinamica di quella diretta verso la Germania, ed è stata frenata dai lavori (protrattisi troppo a lungo) di adeguamento del tunnel storico. Dall’altro, mancano chiare azioni di disincentivo del trasporto stradale ed i servizi ferroviari sono inefficienti: per fare solo gli esempi più chiari, mancano locomotori moderni, e l’accesso all’infrastruttura ed ai terminali è ancora di fatto precluso alle imprese ferroviarie più dinamiche.
Si può discutere a lungo sull’opportunità di politiche come quelle svizzere. Ma si può essere tranquilli sul fatto che, in assenza di interventi di quel genere, il traffico ferroviario faticherà molto a riprendersi anche in presenza della nuova linea: molti dei vincoli indicati, infatti, continueranno a persistere, limitando i benefici conseguenti all’investimento (chissà, magari anche in questo caso il TGV sarà costretto ad utilizzare la vecchia linea…).
Ecco perché l’Osservatorio Torino-Lione, ormai tre anni fa, ha convenuto sulla necessità di adottare, in tempi anche molto brevi, un insieme di misure finalizzate a migliorare l’utilizzo della linea esistente. Molte di queste misure non riguardano le infrastrutture, e presentano costi modestissimi se non nulli: ad esempio, si tratterebbe semplicemente di autorizzare imprese diverse da Trenitalia ad utilizzare l’enorme scalo di Orbassano, ormai quasi deserto. La considerazione era che tali misure, oltre a risultare opportune di per se stesse, avrebbero potuto rappresentare un fondamentale elemento di supporto alla credibilità delle politiche di riequilibrio strada/ferrovia promosse dall’Europa. Fra parentesi, questo modo di procedere è del tutto consono alle strategie di sviluppo adottate negli altri corridoi transeuropei, incluso quello che attraversa il Piemonte da Nord a Sud senza richiedere una completa duplicazione dell’infrastruttura esistente.
Nel corso degli ultimi tre anni, quasi nulla è stato fatto, e tutte le attenzioni si sono rivolte alla progettazione della nuova linea, che nel migliore dei casi sarà pronta nel 2023, quando – di questo passo – il trasporto ferroviario Italia-Francia sarà praticamente defunto. Certo, l’adozione di molte misure richiede il superamento di posizioni acquisite nella gestione e nella regolazione delle reti, ed in quanto tale incontra prevedibili resistenze di multiforme natura. Ma non è questo uno dei più urgenti obiettivi di modernizzazione del paese?
Ecco perché le recenti dichiarazioni del Presidente del Consiglio, a sostegno della necessità di procedere senza interruzioni nella realizzazione della “TAV”, che genererà dal 2025 “vantaggi importanti” garantendo “un aggancio all’Europa che deve essere in primo luogo un aggancio fisico attraverso delle infrastrutture di collegamento”, sono deludenti. Nessuno mette in dubbio la necessità che lo Stato contrasti la violenza ed assicuri l’ordine pubblico; né che difenda la credibilità internazionale del paese mantenendo gli impegni presi. Ma una lettura così selettiva, questa sì “ottocentesca”, dei risultati ottenuti dall’Osservatorio, visti solo come “via libera” all’apertura di un cantiere, rischia di accentuare ulteriormente gli enormi problemi di credibilità accumulati dal paese in termini di governo del sistema di trasporto nazionale, e di suo inserimento nelle reti europee.
A Pra Catinat il 28/06/2008 l’Osservatorio, dopo due giorni di lavoro, licenziò, in modo unanime un documento rimasto quasi completamente disatteso.
Si riporta in modo integrale quanto prevedevano i punti 1) 2) e 3).
Punto 1
Nuove politiche dei trasporti per il territorio
L’Osservatorio ha unanimemente convenuto sul principio in base al quale la politica delle infrastrutture non è scindibile dalla politica dei trasporti e del territorio.
Ciò è particolarmente vero nel caso della Torino-Lione dove esiste già un collegamento “storico” di cui occorre prevedere il miglior utilizzo per i passeggeri e per le merci in modo tale da garantire un servizio efficiente fin dalla fase antecedente all’entrata in funzione di qualunque nuova infrastruttura, facendo crescere parallelamente nell’opinione pubblica dei territori attraversati la credibilità delle politiche intermodali e del ruolo della ferrovia come asse portante della mobilità non solo alla scala continentale (Corridoi TEN), ma anche a quella nazionale e locale.
A questo proposito si tratta di inserire gli interventi all’interno di una politica integrata del traffico transalpino, che assuma l’obiettivo di migliorare le condizioni ambientali dei diversi territori attraverso una strategia di trasferimento del traffico merci dalla strada alla rotaia in un’ottica di equilibrio fra le direttrici alpine.
Queste considerazioni generali devono necessariamente tradursi, fin da subito, in atti concreti attraverso un complesso di misure verificabili che presuppongono le necessarie decisioni degli organi competenti ed i conseguenti impegni finanziari.
L’Osservatorio, in sintonia con gli indirizzi caldeggiati dal Coordinatore Europeo del Progetto Prioritario 6 (parte del Corridoio V), individua tali prime misure:
a) per le merci:
1.ratifica del protocollo trasporti della Convenzione Alpina;
2.semplificazione delle procedure tecnico-amministrative per le spedizioni ferroviarie alla frontiera italo-francese;
3.finanziamento e sviluppo di un servizio efficace di autostrada ferroviaria incrementando il numero di navette dalle attuali quattro coppie ad almeno 13 coppie nel 2012, con successivi aumenti in funzione degli effetti delle politiche di trasferimento modale;
4.finanziamento e sviluppo del trasporto combinato a partire dal potenziamento della piattaforma logistico strategica di Orbassano, anche con il coinvolgimento di ulteriori imprese ferroviarie in un’ottica di mercato;
5.adozione di misure tali da garantire la disponibilità di locomotori di spinta in modo tale da assicurare la migliore praticabilità del valico storico a treni da 1.500-1.600 tonnellate;
6.graduale plafonamento dei transiti dei mezzi pesanti sulle strade alpine promuovendo la gestione integrata strada-ferrovia, anche con il coinvolgimento degli operatori in chiave plurimodale;
7.applicazione in un orizzonte temporale di breve termine delle misure di tariffazione dei mezzi pesanti delineate dall’Unione Europea nelle zone ambientalmente sensibili (Eurovignette e diritti regolatori) e, a più lungo termine, della Borsa dei Transiti Alpini in corso di studio da parte dei Paesi dell’arco alpino;
b) per i passeggeri:
1.progressivo aumento della quantità e qualità del servizio ferroviario della Linea Storica a partire dal 2009, anche con un intervento straordinario sulle stazioni della Linea Storica per accrescerne il comfort, l’efficienza e la capacità di interscambio modale e individuazione e copertura delle risorse finanziarie occorrenti per la gestione del servizio ferroviario in conseguenza ai potenziamenti introdotti;
2.attivazione di un pacchetto di misure per l’avvio del Sistema Ferroviario Metropolitano comprensivo degli interventi infrastrutturali integrativi e dell’acquisizione del materiale rotabile adeguato, specificati nel progetto SFM (Allegato 4);
3.ulteriori interventi per l’eliminazione delle residue criticità evidenziate dalle simulazioni effettuate (tratta bivio Crocetta – Porta Susa, tratta Stura – Settimo);individuazione e copertura delle risorse finanziarie occorrenti per la gestione del Sistema Ferroviario Metropolitano (SFM) regionale in conseguenza dei potenziamenti introdotti.
Punto 2
Una regia unitaria è indispensabile
L’Osservatorio (*) ritiene che tutte le azioni in territorio italiano relative al collegamento Torino-Lione, debbano essere ricondotte ad una unitarietà di impostazione, di responsabilità, di finanziamento e di gestione del progetto.
Infatti la necessità di una regia unificata sottolinea l’indispensabilità del coordinamento rigoroso di tutti gli interventi trasportistici concordati, degli impegni che verranno assunti con le Comunità locali (anche nel quadro del Piano Strategico della Provincia) e delle logiche progettuali relative a tutti gli aspetti tecnici (a partire dagli standard adottati, nel rispetto dell’interoperabilità), e a quelli paesaggistici, territoriali e ambientali che direttamente o indirettamente si riferiscono al collegamento Torino-Lione, considerando anche la valorizzazione dei beni storico-artistico-naturalistici attraverso la loro visibilità da parte di chi viaggia. Tale regia deve necessariamente avvenire nel rispetto delle prerogative e delle competenze della CIG per la Parte Comune della tratta internazionale.
L’Osservatorio (*) auspica che, anche per il finanziamento degli interventi, venga garantita analoga unitarietà.
In questo contesto assume un particolare rilievo anche la questione del monitoraggio a partire dalla situazione esistente, seguendone le evoluzioni che si verranno a determinare in forza delle politiche messe in atto. Tale monitoraggio dovrà rispondere a criteri di unitarietà (strumenti e metodologie) e di estensione all’intero territorio interessato.
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(*) Con la sola eccezione di RFI, per quanto riguarda gli aspetti finanziari, stante la peculiarità del suo ruolo istituzionale.
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Punto 3
Convergenze sulle fasi progettuali, divergenze su quelle realizzative
L’Osservatorio sottolinea l’importanza di una corretta individuazione delle sequenze temporali che legano gli interventi trasportistici e infrastrutturali.
Deve infatti sussistere una razionale concatenazione tra gli interventi considerati nella loro doppia valenza di azioni che incidono sul e per il territorio e nel contempo come componenti di un disegno transnazionale della programmazione europea (con il ruolo attivo e coordinato di Francia e Italia per quanto concerne il collegamento Torino-Lione).
In questo contesto, con riferimento alle opere, nell’Osservatorio si sono manifestati orientamenti diversificati in ordine a quale dovesse essere considerata la più corretta sequenza delle fasi attuative alla luce delle politiche trasportistiche richiamate ai punti precedenti:
- una prima posizione ritiene che si debba operare per lotti funzionali, affidandosi esclusivamente alla programmazione degli interventi e alla loro razionale attuazione secondo un esplicito quadro di riferimento espresso dai competenti decisori politico-istituzionali;
- una seconda posizione (**) ritiene indispensabile sottoporre l’attivazione dei lotti per fasi successive ad una verifica dell’effettivo conseguimento degli obiettivi della fase precedente, sulla base di un migliore utilizzo della rete infrastrutturale esistente, partendo quindi dal nodo metropolitano alla tratta di valico (a supporto di tale orientamento è stato presentato un organico contributo con il “Documento FARE” – Allegato 5).
- Nell’Osservatorio si è registrato invece un orientamento unitario in materia di progettazione: la fase preliminare deve essere realizzata contestualmente per tutta la tratta della nuova linea Torino-Lione dal confine francese alla connessione con l’esistente linea AV/AC Torino-Milano.
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(**) Sostenuta con forza dagli Enti Locali della Bassa Valle di Susa e dell’Area Metropolitana.
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Se non si riprendono le indicazioni dell’Osservatorio, lo Stato lascia adito al dubbio di essere allineato alla linea dura, promossa da quanti sono interessati soltanto alla realizzazione del Tunnel (che è un costo per la collettività) ma non a sviluppare i traffici di persone e merci (che dovrebbero generare benefici).
Il Presidente dell’Osservatorio, architetto Mario Virano, deve pretendere il rispetto di quell’accordo.
Come uscire dalla situazione attuale?
La discussione sulla Torino Lione ha un senso se accompagnata da politiche che spostino davvero il traffico merci dalla strada alla ferrovia.
Bisogna riaprire il dialogo mettendo al bando ogni forma di violenza e intolleranza e tornare a discutere liberando il campo da opposti ideologismi: una ferrovia è una ferrovia, non è il simbolo del male né il simbolo del progresso.
Il progetto va valutato da due punti di vista: il suo impatto ambientale e la sua capacità di modificare il traffico delle merci e delle persone perseguendo una mobilità più sostenibile.
Per quanto riguarda il primo aspetto, bisogna riconoscere che grazie alla determinata opposizione di Cittadini e Amministrazioni valsusine il progetto definitivo, approvato nel 2003, è stato cancellato. Si sta discutendo su un nuovo progetto che dovrebbe avere minore impatto sulla Valle.
Per quanto concerne il secondo aspetto, non si sottovalutino le obiezioni di chi critica l’opera dal punto di vista costi-benefici e delle previsioni dei flussi di traffico, tanto più in una fase di crisi economica e con la convinzione che dobbiamo immaginare per il futuro modelli di sviluppa assai diversi dal passato.
Ma non deve essere abbandonato l’obiettivo di spostare quanto più possibile il trasporto di merci dalla strada alla ferrovia.
Ha senso continuare la discussione sul progetto della Torino Lione a condizione che sia accompagnato da una nuova politica dei trasporti con misure rigorose come quelle adottate in altri paesi alpini quali la Svizzera o l’Austria per disincentivare radicalmente il trasporto su gomma e spostare flussi consistenti di traffico sulla ferrovia.
È una delle sfide che attende il Paese. È possibile mettere in campo una proposta che prende le distanze dalle radicalità dei SI TAV ad ogni costo come dei NO TAV a prescindere?
Un pacchetto di proposte da sottoporre al Governo che non chiede abiure a nessuno ma prova a superare le barricate e le contrapposizioni esasperate sia fisiche che verbali.
A Chiomonte non c’è il cantiere del Tunnel di base di 57 km ma un tunnel geognostico come i tre realizzati dai francesi.
Si può pretendere che all’indagine geognostica si affianchi il progetto del nodo di Torino costringendo RFI a dire come pensa di risolvere l’attraversamento urbano?
Si può chiedere al Governo di fare una svolta strutturale nella politica dei trasporti con una scelta radicale a favore della ferrovia?
In ultimo, ma non per importanza, deve essere diversi l’atteggiamento verso la Valle di Susa.
Il 26/11/2009 la Provincia di Torino ha sottoscritto con il Governo una piano di sviluppo che ha impegnato per 18 mesi le Amministrazioni Comunali interessate dal passaggio ferroviario Torino Lione, organizzazioni sindacale e associazioni di categoria. Quel piano è restato in un cassetto.
Cancelliamo dal lessico l’orrendo termine delle compensazioni. Per compensazioni si intende la riparazione di un danno e sarebbe lesivo del lavoro e degli sforzi di questi anni.
Il piano di sviluppo va oltre i localismi e traccia il futuro di un territorio interessato da un grande progetto infrastrutturale.
In 4-6 mesi si può pretendere una road map che sviluppi questi punti e dia ai decisori politici e al territorio la possibilità di discutere costruttivamente nel merito dei problemi/opportunità per il sistema paese che tenga conto di un territorio fortemente infrastrutturato con molti problemi irrisolti.
È una sfida difficile la meritevole di essere affrontata. L’alternativa è una escalation tra l’opposizione sempre più radicale sul territorio e le risposte sempre più radicali del Governo e della Magistratura.
Questo si è uno scenario pericoloso per tutti, non solo per la Valle ma per l’intero Paese.
Torino 05/03/2012
Antonio FERRENTINO