Antimafia, la commissione comunale ricevuta dal prefetto di Torino.

Idee admin 26 giugno 2012

Oggi, martedì 26 giugno, nell’anniversario della morte di Bruno Caccia, procuratore della Repubblica ucciso dalla ’ndrangheta nel 1983, la Commissione speciale di promozione della cultura della legalità e del contrasto dei fenomeni mafiosi, presieduta da Roberto Tricarico, è stata ricevuta dal prefetto di Torino Alberto Di Pace e dal viceprefetto Maurizio Gatto.

L’incontro in Prefettura è stata un’occasione per approfondire i contenuti della prima relazione della Commissione, approvata lo scorso 19 giugno (anche grazie al contributo del prof. Rocco Sciarrone dell’Università degli Studi di Torino).

Alla riunione, oltre ai consiglieri comunali e agli invitati permanenti della Commissione Antimafia, ha partecipato anche il procuratore della Repubblica Gian Carlo Caselli.

“Abbiamo illustrato al Prefetto le attività della nostra Commissione – ha detto il presidente Tricarico – e abbiamo ricevuto, sia dal Prefetto che dal procuratore Caselli, l’incoraggiamento ad andare avanti”.

A ottobre è prevista un’altra riunione in Prefettura.

(M.Q.) – Ufficio stampa Consiglio comunale

Qui è possibile leggere e scaricare la relazione (formato .pdf):

http://cittagora.top-ix.org/main.php?g2_view=core.DownloadItem&g2_itemId=10500&g2_GALLERYSID=afcecb0b2e3b38bebfc539bc2e0a1a56

RELAZIONE GIUGNO 2012, Commissione Consiliare Speciale di promozione della cultura della legalità e del contrasto dei fenomeni mafiosi.

Con deliberazione del Consiglio Comunale del 19 marzo 2012[1], il Comune di Torino, all’unanimità, ha istituito una “Commissione Consiliare Speciale di promozione della cultura della legalità e del contrasto dei fenomeni mafiosi”, con lo scopo di promuovere la cultura della legalità, analizzare il fenomeno mafioso in tutte le sue manifestazioni ed elaborare proposte di azioni amministrative utili a prevenire e contrastare le infiltrazioni ed il radicamento della criminalità organizzata in primo luogo nelle attività pubbliche.

La delibera ha inoltre previsto che, per il raggiungimento di questi obiettivi la Commissione, composta da 9 Consiglieri e Consigliere Comunali, possa avvalersi del contributo di rappresentanti delle altre Istituzioni, dell’associazionismo e della società civile.

La Commissione, conformemente alle previsioni della deliberazione istitutiva, ha quindi deciso che i 9 Consiglieri Comunali siano affiancati da invitati permanenti, rappresentanti di istituzioni e società civile, così suddivisi:

  1. Associazione Libera
  2. Associazioni di categoria delle Attività Produttive (un unico rappresentante concordato tra le Associazioni invitate)
  3. Collegio Costruttori
  4. Cooperative torinesi (un unico rappresentante concordato tra le cooperative invitate)
  5. Pino Masciari, Cittadino onorario di Torino e testimone di giustizia
  6. Provincia di Torino
  7. Regione Piemonte
  8. Sindacati di Torino (un unico rappresentante concordato tra le sigle sindacali)
  9. Unione Industriale di Torino
  10. Università degli Studi di Torino

 

Tutti gli enti individuati hanno espresso il componente richiesto.

L’origine della decisione di dotare il Consiglio Comunale di una Commissione speciale è da ricercare nel clima di allarme sociale che ha suscitato la notizia dell’azione giudiziaria condotta dalla Procura torinese con l’operazione investigativa denominata “Minotauro”.

Nel corso della prima seduta della Commissione, alla presenza del Sindaco, on. Piero Fassino, del Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Torino, dottor Marcello Maddalena e del Procuratore capo presso il Tribunale di Torino, dottor Giancarlo Caselli, si è concordata l’audizione del dottor Sandro Ausiello, Procuratore Aggiunto Vicario, coordinatore della Direzione Distrettuale Antimafia, presso il Tribunale di Torino.

Il dottor Ausiello, nella seduta del 20 aprile 2012, ha svolto la propria relazione ed ha evidenziato come “la prima metà del 2011 ha visto arrivare a conclusione una serie di procedimenti curati dalla Direzione Distrettuale di Torino che, impiantati nel 2007, hanno permesso di rilevare una mappatura sempre più precisa di diverse famiglie di  ‘ndrangheta attive nel nostro distretto, delle loro relazioni con le famiglie calabresi  e delle loro attività illecite”.[2]

E’ stata illustrata una mappatura delle organizzazioni criminali riferite al contesto di origine:

  • La criminalità di origine calabrese è certamente la più pervasiva e diffusa.
  • L’audizione ha permesso anche di sottolineare la pericolosità della criminalità di origine siciliana. Non meno grave per la comunità è la presenza di delinquenza rumena, cui spesso viene attribuita la responsabilità per furti e scippi ma anche per reati relativi alla clonazione di carte di credito. I nigeriani risultano dediti, oltre che  allo spaccio di sostanze stupefacenti, anche  alla tratta di donne da destinare all’esercizio della prostituzione.
  • Cresce il numero delle indagini verso soggetti di nazionalità senegalese.
  • E’ in espansione il fenomeno del coinvolgimento di cittadini cinesi verso lo sfruttamento della prostituzione, esercitata in vere e proprie “case d’appuntamento” che si presentano come centri estetici e di massaggi; sempre cinese, ma di diverso e maggior spessore criminale, è l’attività posta in essere da un gruppo di connazionali che si associavano tra loro per commettere una serie indeterminata di delitti contro il patrimonio (estorsioni ai danni di commercianti cinesi), reati in materia di prostituzione (favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di donne cinesi), reati contro la persona (lesioni personali e percosse), reati in materia di immigrazione clandestina e da ultimo reati in materia di contraffazione di marchi, reati questi ultimi che se commessi in forma associata sono stati ricondotti alla competenza della Direzione Distrettuale Antimafia.
  • Del pari il lavoro svolto dalla DDA e dal gruppo criminalità organizzata ha confermato che altro  importante canale di rifornimento del  mercato clandestino – questa volta  dell’hashish -  è gestito dalla delinquenza magrebina ed in particolare marocchina che si occupa  anche della vendita di hashish al dettaglio nelle zone di Porta Palazzo, San Salvario, Piazza Vittorio e Murazzi, ma anche in altre zone ove quotidianamente le Forze di Polizia effettuano sequestri ed arresti di spacciatori che riforniscono i consumatori; i delinquenti di origine  albanese hanno sperimentati canali di importazione dello stupefacente[3].

Ma ovviamente in questa sede appare indispensabile soffermarsi sui risultati dell’indagine MINOTAURO che ha avuto esecuzione nella mattina dell’8 giugno 2011 ed all’indagine ALBACHIARA, eseguita il 21 giugno 2011, che ha riguardato il contrasto ad un sodalizio criminoso ‘ndranghetista  operante nel basso Piemonte che aveva strette relazioni con i vertici della ‘ndrangheta in Calabria e con gli appartenenti ai locali liguri, pure raggiunti da misura cautelare (op. MAGLIO).

Queste operazioni, per un verso, evidenziano la penetrazione del fenomeno mafioso nel Distretto, ma nello stesso tempo fanno emergere la qualità ed estensione del contrasto che l’A.G. e le Forze di Polizia mettono in atto per conoscere il fenomeno e contrastarlo efficacemente attraverso tutti gli strumenti probatori che sono nella loro disponibilità.

In particolare l’operazione MINOTAURO ha preso avvio da tre distinti percorsi di indagine, i quali – successivamente riuniti – sono approdati alle medesime conclusioni e hanno permesso di acquisire elementi di prova in ordine alla struttura e alle finalità dell’organizzazione criminale – tenacemente e capillarmente radicata nel territorio – che nel corso degli anni  ha tessuto una robusta e composita trama di attività illecite, tra le quali il traffico di stupefacenti, il racket delle estorsioni, la disponibilità di armi, l’assistenza e il favoreggiamento degli affiliati latitanti o ricercati, le truffe, l’usura, il gioco d’azzardo, le infiltrazione di alcuni settori dell’economia, il riciclaggio e i rapporti con la politica per il rastrellamento di voti in occasione di consultazioni elettorali[4].

Nell’insieme, è emerso uno scenario articolato e complesso, in cui la ‘ndrangheta si è affermata  quale potente organizzazione criminale attiva anche nel territorio piemontese, con diversi “locali” (come vengono chiamate le strutture organizzative di base della ‘ndrangheta) attivi anche nella Città di Torino.

Peraltro, non si tratta di un fenomeno che presenta caratteri di novità: l’esperienza giudiziaria del distretto di Torino nel recente passato ha purtroppo conosciuto l’omicidio del Procuratore della Repubblica, dr. Bruno Caccia,  il processo denominato “CARTAGINE” e lo scioglimento del Consiglio Comunale di Bardonecchia. Tutti fatti uniti da un comune denominatore: la ’ndrangheta.

A distanza di circa vent’anni dallo scioglimento del Consiglio Comunale di Bardonecchia[5], il nostro territorio conosce nuovamente l’onta del Commissariamento per mafia di  due amministrazioni locali: il 30 marzo 2012 il Presidente della Repubblica ha decretato lo scioglimento del Consiglio Comunale di Leinì[6], a cui è seguito il 22 maggio 2012 quello del Consiglio Comunale di Rivarolo Canavese.

Dalla Relazione ministeriale sullo scioglimento del Consiglio Comune di Leinì[7] si legge che: “La relazione prefettizia ha messo in evidenza la peculiare presenza sul territorio comunale di soggetti legati alla criminalità organizzata che perseguono finalità ed agiscono con metodi tipici delle associazioni mafiose, con mire espansive della dimensione affaristica e con l’obiettivo di condizionare, a proprio vantaggio, l’amministrazione. La criminalità organizzata, radicata da anni nella periferia di Torino e nel canavese, si è saputa gradualmente insinuare tra le maglie della società civile e della pubblica amministrazione al fine di godere dei frutti derivanti dall’imponente sviluppo economico, in particolare edilizio, prediligendo rapporti pseudo amicali con gli esponenti politici locali mediante una trattativa pacifica e foriera di soddisfazioni economiche per tutte le parti in causa. Tale subdolo modus operandi, la cui forza intimidatrice non si connota con manifestazioni platealmente visibili nel contesto locale, apparentemente lontano dalle metodologie mafiose, risulta ancora più pericoloso, in quanto non avvertito dalla società civile”.

Tale sottovalutazione della presenza mafiosa sul nostro territorio rende ancora più leggibili le dichiarazioni dell’on. Luciano Violante, già Presidente della Commissione parlamentare antimafia, che, nell’audizione dell’8 maggio 2012,  ha evidenziato l’utilità di una sede locale di aggregazione e rielaborazione degli elementi rilevati dalle antenne del territorio, per mettere a sistema azioni di contrasto verso i fenomeni mafiosi: la Commissione speciale può essere la sede adeguata a svolgere questo compito. Il Presidente ha voluto altresì sottolineare l’importanza di una costante campagna di promozione della cultura della legalità, in particolare nelle scuole.

I rilievi posti nella Relazione ministeriale di accompagnamento al Decreto del Presidente della Repubblica hanno poi trovato diverso riscontro anche nel già ricordato caso del Comune di Rivarolo Canavese, parimenti sciolto per mafia il mese successivo a quello di Leinì[8].

L’insieme di queste considerazioni ha portato la Commissione, nella seduta dell’8 maggio 2012, a chiedere all’Amministrazione comunale, che ha aderito, di costituirsi parte civile nel processo “Minotauro”, per evidenziare da un lato che la gravità dei reati, consumatisi anche nella città di Torino, sono un’aggressione ai valori ed ai principi ispiratori della nostra comunità civile, e dall’altro che l’associazione mafiosa produce un danno allo sviluppo economico, sociale e politico del nostro territorio.

Anche il Consiglio della Regionale ha approvato un ordine del giorno con il quale invita la Regione Piemonte a costituirsi parte civile nel processo ed a promuovere tale decisione presso gli enti locali il cui territorio è stato oggetto di indagini all’interno dell’operazione “Minotauro”[9].

La Commissione speciale ha poi stabilito di ordinare i propri lavori attraverso la costituzione di gruppi coordinati da uno o più Consiglieri/e, che coinvolgeranno rappresentanti di istituzioni, enti ed associazioni, e che avranno il compito di affrontare i seguenti temi:

  • appalti;
  • usura;
  • racket;
  • tratta degli esseri umani;
  • gioco d’azzardo.

Il tema degli appalti ha subito incrociato l’interesse delle categorie produttive che hanno posto l’accento su tre criticità: il ritardo dei pagamenti da parte delle amministrazioni pubbliche, la difficoltà di accesso al credito ed in particolare il  Collegio Costruttori, l’Unione Industriale e l’imprenditore Pino Masciari hanno rilevato l’insostenibilità per loro e le loro imprese  del sistema di gara con la procedura al massimo ribasso.

Nel corso della riunione del Gruppo appalti, guidato dai Consiglieri Marco Grimaldi e Giuseppe Sbriglio, tenutasi il 1° giugno 2012, si è proceduto all’audizione del Direttore vicario del Comune di Torino, Ing. Giambattista Quirico e del Direttore dell’ufficio appalti, Dottoressa Mariangela Rossato.

L’ing. Quirico ha chiarito che

“la norma vigente prevede solo due criteri di aggiudicazione: il prezzo più basso (alias massimo ribasso) e l’offerta economicamente più vantaggiosa; non vi sono altre modalità.

Il massimo ribasso è indicato per quelle gare ove l’oggetto dell’appalto è sufficientemente generico o, viceversa, è esattamente definito (progetto esecutivo a base di gara o fornitura prestabilita), per cui il concorrente non può/deve apportare proprie varianti che determinino una modifica del prodotto finale richiesto; l’unico elemento apprezzabile risulta quindi quello economico.

L’offerta economicamente più vantaggiosa è indicata per quelle gare ove il concorrente alla gara possa/debba individuare varianti/migliorie già in sede di gara, valutabili ed apprezzabili dalla Commissione di gara secondo aspetti qualitativi codificati preventivamente  dal bando di gara, oltre comunque l’elemento prezzo (aspetto quantitativo).

Questo criterio si addice quindi, nell’ambito dei LL.PP., ai grossi progetti/lavori che, per tipologia di opere e per importi significativi, giustificano un “impegno” delle ditte concorrenti ad elaborare ed offrire soluzioni migliorative alternative, su aspetti specifici, a quelle poste in gara.

Per contro, un appalto di manutenzione ordinaria o straordinaria generica, ad esempio, per la sua “genericità” e “indeterminatezza” di intervento (un po’ di tutto, a seconda delle future necessità che si presenteranno), consiglia l’utilizzo del criterio base del massimo ribasso sull’Elenco Prezzi contrattuale, non potendosi offrire varianti su lavorazioni non codificate o non del tutto definite a priori.

La maggior parte delle opere appaltate dalla Città, in questa fase di limitatezza di fondi, sono peraltro lavori di manutenzione straordinaria che, pertanto, indirizzano maggiormente all’utilizzo del criterio del massimo ribasso; non mancano, peraltro, alcuni appalti mirati ove l’aggiudicazione è prevista con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (4 gare aggiudicate nel triennio 2009 – 2011 ed altrettante previste nel 2012).

Entrambi i criteri prevedono comunque, in sede di aggiudicazione, la determinazione di una soglia di “anomalia dell’offerta“ economica e la conseguente valutazione delle offerte potenzialmente anomale, in quanto situate oltre tale soglia (cosiddetta verifica di congruità).

Occorre precisare che il criterio di aggiudicazione al prezzo più basso NON comporta, in automatico, l’aggiudicazione al massimo ribasso; la norma prevede, infatti, l’affidamento al prezzo più basso previa esclusione delle offerte risultate anomale dopo un procedimento di attenta verifica dei giustificativi di offerta presentati dalle ditte, i cui ribassi hanno superato la cosiddetta “soglia di anomalia”.

Il procedimento di analisi, verifica ed esclusione di una offerta anomala è indubbiamente complesso e dispendioso, ma a garanzia della stazione appaltante, seppur passibile di ricorso al TAR da parte della ditta esclusa.

Su questo aspetto, le piccole Amministrazioni giudicatrici, non sufficientemente strutturate, possono avere indubbiamente problemi gestionali.

La determinazione della soglia di anomalia consegue ad un procedimento matematico un po’ complesso (art. 86, commi 1 e 2), differenziato a seconda del criterio di gara prescelto – massimo ribasso/offerta economicamente più vantaggiosa, soprattutto se il numero dei partecipanti alla gara è cospicuo (è del tutto fuorviante il concetto della “media dei ribassi”).

Per ovviare a tali complessità e per favorire le ditte meno “attrezzate” sul fronte dei giustificativi da presentare in sede di verifica, la normativa italiana consente, per lavori sino a 1.000.000 di Euro e per servizi/forniture sino a 100.000 Euro, di aggiudicare con l’esclusione  automatica  delle offerte  anomale,  senza procedere  ad alcuna verifica di congruità delle medesime; questo è il metodo “riadottato”, nel corso del 2010, da alcune Amministrazione come la Provincia di Torino per i lavori sino a 500.000 Euro, comunemente conosciuto come “metodo delle medie”.

Va precisato, altresì, che le più recenti modifiche normative hanno esteso tale possibilità, in via transitoria fino al 31.12.2013, per importi sino alla soglia comunitaria (5 ML €/200.000 €).

Esempio di confronto tra i due metodi (massimo ribasso/esclusione automatica):

Calcolo della soglia di anomalia:

a) Ribassi offerti: -15; -18; -22; -23; -30; -35; -36; -40; -42.

b) Taglio delle ali 10% [0,9 = arrotondato 1]: esclusi il –15 e il –42.

c) Media M1: (18+22+23+30+35+36+40) / 7 = 29,14

d) Superano la media M1 i ribassi: 30; 35; 36; 40.

e) Calcolo degli scarti:         30 – 29,14 = 0,86

35 – 29,14 = 5,86

36 – 29,14 = 6,86

40 – 29,14 = 10,86

f) Media M2: (0,86+5,86+6,86+10,86) / 4 = 6,11

g) Soglia di anomalia: M1+M2 = 29,14 + 6,11 = 35,25

Nel  caso della esclusione automatica, l’aggiudicazione sarebbe automatica alla prima offerta non anomala: -35%.

Nel  caso della Città di Torino stazione appaltante, avremmo avuto tre offerte da sottoporre a valutazione dell’anomalia: -42, -40, -36; le offerte giudicate non congrue sarebbero state eliminate, al limite sino alla prima offerta non anomala (-35).

A titolo informativo, va segnalato che, nell’eventualità di un ritorno al sistema di aggiudicazione con esclusione automatica delle offerte anomale (sotto 500.000/1.000.000 €), i ribassi offerti tenderanno statisticamente ad attestarsi, nel medio periodo per ragioni di mercato, su valori più contenuti rispetto agli attuali, come peraltro già rilevato nell’ambito degli appalti della Provincia.

In ogni caso appare opportuno mantenere in vita, in tale situazione, la clausola espressa per cui non sarà concesso il subappalto alle ditte partecipanti alla medesima gara d’appalto, onde prevenire forme illecite di “ridistribuzione” dei lavori aggiudicati.

La Città, a seguito degli episodi di turbativa di gara rilevati dalla Magistratura nel corso dell’anno 2002 e precedenti (ribassi troppo omogenei e non differenziati), vigente allora la Legge Merloni, adottò nel gennaio 2003 una delibera quadro (mecc. 2003 530/003) per superare detti fenomeni devianti chiaramente emersi a seguito dell’utilizzo del sistema di aggiudicazione con esclusione automatica delle offerte anomale, all’epoca “obbligatorio” per le gare di lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria.

Richiamando i principi generali comunitari di tutela della concorrenza, che non prevedono in sede CEE l’esclusione automatica delle offerte anomale, ma consentono l’esclusione di un’offerta solo a seguito della verifica e contraddittorio con la ditta, la Città ha disapplicato la norma nazionale, adottando unilateralmente il metodo di aggiudicazione già previsto per gli appalti CEE (prezzo più basso con obbligo generalizzato di verifica di congruità delle offerte) anche con riferimento agli appalti sotto soglia CEE.

Nel contempo si è adottato un codice etico dei partecipanti alle gare ed il divieto di subappalto tra le stesse ditte partecipanti alla medesima gara, onde evitare una potenziale “ridistribuzione” dei lavori dopo l’aggiudicazione.

L’eliminazione dell’aggiudicazione con esclusione automatica delle offerte anomale, meccanismo totalmente statistico/matematico, ha minato alla base il malcostume della turbativa perpetrato da parte delle ditte e ripristinato la concorrenza, seppur, per contro, ci si è gradualmente esposti ad un incremento anche significativo dei valori di ribasso offerto, aspetto, quest’ultimo, che può creare preoccupazione e che va conseguentemente monitorato.

Va precisato, peraltro, che tale metodo non incide sui “costi delle sicurezza”, in quanto, nell’ambito dei LL.PP., tali costi non sono soggetti a ribasso in sede di gara e pertanto vengono riconosciuti all’impresa a costo pieno.

La tutela dell’Amministrazione, che sinora ha inteso comunque confermare tale metodo, visto che la scelta è stata poi pienamente legittimata dal Codice dei Contratti, sta quindi nell’attuare  a monte un’attenta valutazione delle offerte e conseguente esclusione, previa verifica e contraddittorio, delle offerte ritenute anomale, cioè non congrue.

A titolo informativo, con riferimento al periodo gennaio 2009-dicembre 2011, su circa 300 gare di LL.PP. appaltate al prezzo più basso, solo il 51% è stato poi aggiudicato al massimo ribasso, mentre il 49% è stato aggiudicato ad un concorrente che aveva presentato un’offerta NON al massimo ribasso.

Analoga attenzione, se non maggiore, va posta sul fronte del subappalto e dei sub-contratti in genere (art. 118), ove le imprese appaltatrici tendono spesso ad utilizzare ditte anche di piccole dimensioni, a volte prive della certificazione SOA (peraltro non obbligatoria per affidamenti di importo inferiore a 150.000 €), parcellizzando il contratto principale in tanti subcontratti;  tale aspetto va pertanto monitorato, anche per la conseguente complessità che deriva sul fronte del controllo e del coordinamento degli operatori presenti sul cantiere.

Da ultimo, pare utile fornire alcune indicazioni di carattere generale sui tempi del procedimento amministrativo occorrenti per l’appalto e l’aggiudicazione dei lavori (appalto CEE).

-          Richiesta di appalto al Settore Appalti LL.PP.

-          Esame documentazione e prenotazione pubblicazione avviso su GUCE e GURI (almeno 30/45 gg.)

-          Pubblicazione bando su GUCE e GURI (almeno 52 gg.)

-          1^ seduta di gara (ammissibilità offerte – 1 g.)

-          Trasmissione atti al RUP per richiesta giustificativi (2 gg.)

-          Richiesta giustificativi alle prime 5 ditte e relativa presentazione degli stessi (20 gg.)

-          Esame giustificativi da parte del RUP e richiesta integrazioni alle ditte (20 gg.)

-          Convocazione ditte per contraddittorio (5 gg., l’iter può essere ripetuto)

-          2^ seduta di gara (aggiudicazione provvisoria – 1 gg)

-          Approvazione aggiudicazione definitiva, sospensivamente condizionata alle verifiche di legge (5 gg.)

-          Comunicazione esito aggiudicazione a tutti i concorrenti (5 gg.)

-          Sospensione “Stand-still” di legge (35 gg.)

-          Verifica dei requisiti dichiarati dall’aggiudicatario (SOA, DURC, Agenzia Entrate, autocertificazioni -  variabile, almeno 15/30 gg.)

-          Approvazione esito favorevole sui controlli ex lege, decorsi termini “Stand-still”      (4 gg.)

-          Stipula del contratto con aggiudicatario (almeno 35 gg.)

-          Procedura consegna formale dei lavori e attivazione polizze assicurative (10 gg., max. 45 gg.)

-          Apertura del cantiere: tempo trascorso dalla richiesta appalto 240 gg. /300 gg.

Nel caso di appalto sotto soglia CEE,  il tempo si riduce di 26 gg.

Nel caso di consegna anticipata in via d’urgenza, pendente la stipula del contratto, il tempo può ancora ridursi, ma solo di ulteriori 15 gg. circa.”[10]

Su questi punti la Commissione intende svolgere un chiaro approfondimento ed attiverà con i soggetti interessati Protocolli d’intesa per l’assunzione di reciproci impegni in grado di promuovere le imprese qualificate come virtuose dalle rispettive organizzazioni di appartenenza, introducendo richieste di modifica alla normativa per favorire le imprese che abbiano requisiti “reputazionali”. Inoltre s’impegnano altresì le Stazioni appaltanti pubbliche a ridurre i tempi di consegna del cantiere e di pagamento delle prestazioni ricevute.

Del pari appare opportuno verificare la solidità delle difese assicurate dalla certificazione antimafia (comunicazioni o informazioni) e dei riscontri positivi effettivamente ottenuti dalla Pubblica Amministrazione e dalle società partecipate, che presto verranno audite dalla Commissione.

La Commissione ha inoltre analizzato le richieste alla DIA dell’Agenzia Torino 2006:

-          informazioni generali sull’appalto

-          anagrafica delle imprese aggiudicatarie

-          anagrafica di tutti gli azionisti delle imprese aggiudicatarie

-          anagrafica di tutte le cariche sociali delle imprese aggiudicatarie

-          anagrafica dei partner (conviventi o coniugi) dei soggetti di cui sopra

-          anagrafica di tutti i lavoratori delle imprese aggiudicatarie

Nelle prossime settimane la Commissione, oltre ad interpellare la Camera di Commercio e la DIA sulla possibilità di estendere le certificazioni (comunicazioni o informazioni) oltre i casi stabiliti dalla normativa, incontrerà gli Assessorati all’Urbanistica ed ai Lavori pubblici per valutare l’applicazione di “buone pratiche “ (Protocollo Merlino) anche alle procedure amministrative attivate dai privati.

Si rileva che, dopo anni di rilievi di segno negativo, gli Uffici comunali riferiscono che nell’ultimo periodo si sono registrati due casi di infiltrazione mafiosa.

In un caso di manutenzione straordinaria, a seguito di revoca dell’aggiudicazione per inadempimento, si è proceduto ad un’aggiudicazione provvisoria alla seconda ditta partecipante all’appalto, in attesa delle verifiche previste dalla legge. Gli accertamenti effettuati hanno reso necessario sospendere anche questa seconda aggiudicazione, poiché sussistevano tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della ditta aggiudicataria.

Un altro caso si è verificato per la realizzazione del sottopasso di Corso Mortara, del cui appalto era risultata aggiudicatario l’ATI, Consorzio Cooperative Costruzioni “XXX”. In data 11/4/2011 veniva presentata richiesta di subappalto e, trattandosi di appalto di importo superiore ad Euro 150.000,00 veniva richiesta l’informativa antimafia. Essendo pervenuto dalla Prefettura un provvedimento interdittivo antimafia, l’autorizzazione al subappalto è stata negata dall’Amministrazione.

Il fenomeno dei prestanome è un altro capitolo da scandagliare perché emergono casi di assoluta discordanza tra quanto formalmente intestato e quanto realmente posseduto.

Nel corso degli accertamenti finalizzati all’assegnazione di alloggio di Edilizia Residenziale Pubblica, eseguiti in seguito a richiesta presentata dal Signor S. R. a fronte di emergenza abitativa (sfratto per finita locazione), sono state riscontrate delle anomalie circa la situazione economico/lavorativa di S. B., figlio del richiedente.

Durante il sopralluogo domiciliare l’abitazione è apparsa trascurata e gli occupanti trasandati nell’aspetto e con difficoltà ad affrontare i problemi inerenti lo sfratto e le incombenze burocratiche

relative alla domanda di assegnazione di alloggio ERP, a cui è stato delegato un altro figlio/fratello, residente altrove.

Il reddito familiare è costituito essenzialmente dalla pensione del padre.

L’altro figlio L.S., invalido all’80%, è seguito dal CSM e riceve dall’INPS prestazione INVCIV; risulta titolare di un’autorizzazione al commercio ambulate che però non ha quasi mai utilizzato.

B. è disoccupato. Si è verificato che ha versamenti contributivi INPS solo riferiti al 2001 ed ad un contratto di collaborazione del 1999.

Non risulta avere percepito redditi dopo il 2001 né avere presentato dichiarazioni fiscali.

Dalla consultazione della banca dati della CCIAA si è riscontrato però che da dicembre 2009 a giugno 2010 è stato Amministratore Unico della -omissis- (edilizia generale e specializzata) e che, da aprile a luglio 2010, ha rivestito la qualifica di Amministratore Unico della -omissis- Società Cooperativa (trasporto merci su strada).

Dal 06/09/2011 è Amministratore Unico della Società Cooperativa -omissis- (lavori di edilizia generale).

Dalle visure camerali si evince che la -omissis- Società Cooperativa nel corso del 2010 ha avuto una media di 57 dipendenti e nel 2011 di 42 e che la Società -omissis-  Cooperativa nel 2010 ha avuto una media di 20 dipendenti. Alla richiesta di chiarimenti in merito a quanto sopra, durante il sopralluogo domiciliare, lo S. B. ha dichiarato che per assumere le predette qualifiche gli sarebbe stato inizialmente promesso un compenso in denaro, ma che poi non avrebbe ricevuto nulla, se non multe, da lui consegnate ai “soci” senza averne  più notizie, e quindi presumibilmente pagate.

Nel caso specifico la situazione che si è determinata ha, tra le altre cose, compromesso in maniera assoluta la possibilità dell’indigente, virtualmente benestante, di essere assistito dall’Ente pubblico.

La vicenda in questione è stata portata all’attenzione della Commissione da parte di un membro componente la Commissione emergenza abitativa, altrimenti non se ne avrebbe avuto conoscenza. Si propone pertanto l’adozione di una circolare interna agli uffici comunali con preghiera di trasmettere alla segreteria del Segretario Generale del Comune di Torino ogni fatto ritenuto rilevante ai fini del contrasto dei fenomeni di infiltrazione mafiosa, in modo tale da poter svolgere le valutazioni del caso.

La Consigliera Federica Scanderebech, per conto della Commissione, ha assunto il compito di coordinare il gruppo sulla tratta degli esseri umani.

Premesso che il fenomeno della tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale è particolarmente sentito in molte aree del Piemonte e nel contempo ha assunto una rilevanza sociale di particolare gravità, si ritiene che anche se negli anni molto è stato fatto per sostenere i percorsi di inclusione sociale, lavorativa e abitativa delle donne che ne sono vittima, molto rimane ancora da fare. Considerato che il nostro territorio è particolarmente interessato dalla presenza della prostituzione di strada, al fine di combattere efficacemente la tratta di esseri umani è necessario realizzare sinergie e collaborazioni tra tutte le istituzioni che a livello locale si occupano di prevenzione del fenomeno e di integrazione e protezione sociale delle vittime. Per questo è necessario che, oltre alle unità di strada (che si occupano della prevenzione sanitaria e della promozione della fuoriuscita dalla prostituzione), sia consolidata l’opera che svolge il personale della “Squadra Investigativa “, composta da personale della Polizia municipale, distaccato presso la Procura.

Nell’ambito di alcuni incontri tenuti presso l’associazione di volontariato “Gruppo Abele” sono emerse chiare e diverse problematiche inerenti il dilagante fenomeno della tratta di persone destinate all’attività di meretricio.

Dalle  tematiche  discusse e approfondite tra l’associazione “Gruppo  Abele” e le varie rappresentanze delle Polizie Municipali della Regione Piemonte, di Amministratori locali e funzionari della  Provincia, è emerso che la Polizia Locale di Torino può avere un ruolo fondamentale per ridurre la conflittualità sociale nelle aree in cui la prostituzione di strada è presente in modo significativo e offrire al cittadino una percezione di maggiore sicurezza

Solo negli ultimi tre anni, le indagini hanno permesso al vecchio Nucleo di P.G. (ora denominato Nucleo Investigativo) di arrestare 58 persone responsabili di reati, che vanno dalla tratta di esseri umani destinati alla prostituzione, alla riduzione in schiavitù, allo sfruttamento della prostituzione, nonché al favoreggiamento della stessa.

Nell’occorso sono state individuate 112 parti lese di cui 7 minorenni subito associate a strutture protette.

Di tutte le ragazze oggetto di sfruttamento 13 hanno aderito all’art. 18 e associate presso strutture idonee.

Sempre a seguito di attività investigative sono stati sequestrati 48 alloggi, cinque centri estetici e confiscate tre autovetture e in una occasione grazie all’importantissimo mezzo delle intercettazioni telefoniche è stato arrestato in flagranza di reato uno stupratore seriale, che aveva commesso ripetute rapine e violenze sessuali ai danni di 6 donne dedite alla prostituzione all’interno di appartamenti.

L’attività investigativa è pertanto un mezzo fondamentale per arginare il dilagante fenomeno della prostituzione e recuperare le ragazze sfruttate, il tutto naturalmente in sinergia con  associazioni come il gruppo Abele.

La Consigliera Fosca Nomis, che guida con il Consigliere Fabrizio Ricca, il Gruppo sul tema del Racket, all’incontro con Libera ha evidenziato la necessità di dotarsi dei seguenti obiettivi: 1) dare un segnale di attenzione da parte delle istituzioni rivolto sia a chi è vittima del racket sia alle organizzazioni che lo gestiscono; 2) fare emergere il fenomeno del racket che assume forme diverse dal “classico pizzo”, promuovendo gli strumenti per denunciare e individuare modalità di accompagnamento alla denuncia; 3) sostenere la denuncia da parte di imprenditori/commercianti, nonché la nascita di un’associazione locale anti-racket; 4) analisi dell’abusivismo nel commercio e delle possibili connessioni con la criminalità organizzata. Per questo si propone di: avviare un tavolo di lavoro insieme all’Assessorato al Commercio e alle Attività produttive che coinvolga Camera di commercio, Associazioni dei commercianti, Libera, Sindacato, Forze di polizia, Confindustria, Università ed eventuali altri soggetti da definire, per realizzare una ricerca che parta da indicatori che possano essere dei segnali di fenomeni di racket, considerato che il numero delle denunce è bassissimo. Inoltre, dalla ricerca e dai dati elaborati scaturirà una campagna di promozione/sensibilizzazione che coinvolgerà le istituzioni presenti al tavolo di lavoro come attori attivi. Si propone inoltre lo studio di un paio di casi di costituzione di associazioni anti-racket nel nord Italia per valutare la replicabilità del modello, il monitoraggio e accompagnamento di eventuali denunce a supporto degli enti preposti a svolgere questa attività. Infine, s’ipotizza di fornire un supporto alla costituzione e al lancio di un’associazione anti-racket o di una “filiale torinese” di un’altra associazione individuata. Il Consiglio Comunale e gli Assessorati di riferimento dovrebbero poi continuare a monitorare l’attività dell’associazione e supportare laddove possibile e necessario.

Altro aspetto osservato dalla Commissione è stato il gioco d’azzardo. Del Gruppo si occupano il Consigliere Capogruppo Vittorio Bertola ed il Consigliere Comunale Michele Paolino. Molto interessante è risultato l’incontro con il Vice Questore, dottor Marco Martino, che ha evidenziato come la criminalità organizzata riesca ad inserirsi come imprenditore nel “gioco legale”, ad esempio con l’inserimento nei locali pubblici di slot-machine abusive accanto a quelle legali.

Uno dei problemi nel combattere tali fenomeni è rappresentato  proprio dall’inadeguatezza delle norme. Per la legge infatti, tali comportamenti realizzano soltanto delle contravvenzioni amministrative sanzionate quindi con sanzioni amministrative, tutte regolarmente e “agevolmente” pagate, considerato il giro d’affari. Il gioco d’azzardo è peraltro uno dei principali settori in cui si ravvisa, ormai da lungo tempo, la presenza di gruppi criminali riconducibili alla ‘ndrangheta, come anche recentemente confermato dalla citata operazione giudiziaria MINOTAURO.

In ultimo, la Commissione ha svolto anche un’attività di promozione della cultura della legalità (tema questo che accompagnerà i lavori della Commissione fino alla scadenza naturale) sia partecipando in maniera attiva alla costruzione dell’evento “Biennale legalità” sia partecipando con i propri componenti a vari incontri realizzati dalla rete associativa cittadina. In particolare, si è data molta attenzione alle scuole e con alcune classi coinvolte nel Progetto Bonaventura si è tenuto anche un incontro in Sala Rossa.

Il tema della memoria è un cardine sul quale la Commissione costruisce la propria attività ed il 26 giugno, proprio qui in Prefettura, vogliamo ricordare il sacrificio del Procuratore generale, dott. Bruno Caccia, che esattamente 29 anni fa veniva ucciso dalla ‘ndrangheta. L’anno prossimo, quando ricorrerà il trentennale della morte, la Città sarà impegnata a ricordare il dottor Bruno Caccia con un momento solenne e pubblico.


[1] Deliberazione n.  mecc. 2012 01378/002

[2] Relazione del Dr. Sandro Ausiello

[3] idem

[4] Relazione del Dr. Sandro Ausiello

[5] G.U. n. 157 del 7-7-1995

[6] G.U. n. 93 del 20-4-2012

[7] idem

[8] G.U. del 22-5-2012

[9] Ordine del Giorno n. 760 approvato il 6 giugno 2012

[10] Relazione dell’8 giugno dell’Ing. Giambattista Quirico alla Commissione

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