la festa non si vende. la festa è per tutti.
Idee admin 26 dicembre 2012Concilia?
A fine 2011 il governo ha eliminato ogni vincolo agli orari del commercio: apertura superiore alle 13 ore giornaliere, apertura in qualunque giorno festivo, apertura sempre.
A un anno di distanza i dati però ci parlano di un calo dei consumi al dettaglio (in alcuni mesi addirittura del 6,4% rispetto all’anno prima).
Per il commercio vale la regola base dell’economia: se le persone hanno soldi da spendere e consumano si vende, altrimenti è inutile affannarsi a comprimere i costi e allentare le regole.
Alcuni pensano che gli orari del commercio siano un tema piccolo, residuale. Invece io credo sia un tema enorme, che va affrontato con buon senso.
A tutti può far comodo che i negozi e la grande distribuzione siano aperti sempre: 7 giorni su 7, magari 24 ore su 24. L’orario di lavoro standard non esiste più e sempre più persone possono dover fare la spesa la domenica, o la sera tardi. Ha ragione chi sostiene che “fare la spesa la domenica non è un servizio essenziale”, ma è anche vero che le abitudini di vita sono cambiate, come dimostra la battaglia che abbiamo vinto per istituire a Torino i bus notturni.
Però.
Però dobbiamo sapere che i piccoli negozi, che non possono permettersi costi di gestione troppo alti, rischiano di soccombere di fronte a una grande distribuzione sempre aperta. E non mi riferisco solo agli alimentari, ma anche a librerie, abbigliamento e molto altro: un tessuto commerciale che è una ricchezza (anche in termini di posti di lavoro) per borghi e città, e che va tutelato. E vi dirò di più, la scorsa settimana ho raccolto firme con la Confesercenti per una proposta di legge di iniziativa popolare per far restituire alle Regioni e agli enti locali la facoltà di decidere sulle aperture domenicali e mi dicevano che saranno oltre 80.000 i negozi che chiuderanno nei prossimi anni.
Come dice la Filcams CGIL dobbiamo ricordarci che nella grande distribuzione i turni di lavoro stanno diventando così assurdi (orari, ferie, riposi) da risultare incompatibili con l’esigenza, ad esempio, di mettere su famiglia, di avere dei figli e di poterli crescere. http://www.youtube.com/watch?v=Er0TtN1PFWc&list=PL57B7F4F04C56EC02&index=1
Dobbiamo considerare che se i consumi non aumentano, aumentare orari e giorni di apertura significa solo aumentare i costi e spalmare dei ricavi in costante calo.
Potrei dire che c’è bisogno di riscoprire anche il valore del riposo, che si deve uscire da questo loop consumistico per cui ogni giorno di vacanza deve diventare una giornata di shopping (giornata in cui peraltro sempre meno persone possono comprare e ci si limita a “dare uno sguardo” ai negozi).
Ma credo che il punto sia un altro: serve un equilibrio. La “conciliazione dei tempi di vita e di lavoro” è stata oggetto di una legge (La Legge 53 del 2000), con cui si è introdotto il congedo di paternità e si è cercato di fare un passo in più verso la vera parità tra uomini e donne.
Ora dobbiamo riappropriarci della parola conciliazione.
Conciliazione dei tempi di lavoro e cura, perché i genitori hanno diritto a passare del tempo coi loro figli.
Conciliazione dei tempi di riposo e consumo, perché bisogna venire incontro alle esigenze di tutti evitando che i meno tutelati ne paghino le conseguenze.
Conciliazione dei tempi di uomini e donne, perché il tempo da dedicare a “casa e famiglia” sia equamente diviso (e forse questa è una delle strade da seguire per avere sempre più donne in politica e nelle istituzioni).
Il mondo cambia, le abitudini cambiano: adattarsi in silenzio è facile, rifiutare tutto anche. La vera sfida è governare il cambiamento e renderlo al servizio della qualità della vita di tutte e tutti.