Grecia al voto, un messaggio all’Europa.
brevi, Idee admin 20 maggio 2014Pavlos Nerantzis, SALONICCO, tratto da il Manifesto.
Sei anni di recessione, tre programmi di «salvataggio» lacrime e sangue e nuovi tagli all’orizzonte in virtù dell’accordo tra la troika (Fmi, Ue, Bce) e il governo di «grande coalizione» composto da Nea Demokratia (conservatori) del premier Antonis Samaras e il Pasok (socialisti). Per la prima volta i greci hanno votato in massa per dire «no» a queste politiche neoliberiste.
Il primo turno delle elezioni amministrative, un’anteprima rispetto al voto europeo del 25, è finito con una vittoria parziale della sinistra radicale greca, Syriza, guidata da Alexis Tsipras. Il quadro complessivo, però, è in chiaroscuro. Bisogna registrare, infatti, sia la forte presenza elettorale dei neo-nazisti di Alba Dorata ad Atene, sia la tenuta dei candidati riconducibili all’area di governo nelle regioni periferiche del Paese. Syriza si è affermata nella capitale e nella regione dell’Attica, la più popolosa.
Si tratta dunque di risultati tutto sommato contraddittori e, per questo motivo, interpretati in maniera diversa dai vari esponenti delle forze politiche. Tutti si sono presentati contenti davanti alle telecamere, sottolineando gli sbagli e le carenze degli avversari. Dietro le quinte, però, nessuno nasconde la propria ansia per i risultati del secondo turno domenica prossima.
Tsipras, candidato presidente della Commissione europea, si dichiara soddisfatto. Per la prima volta i candidati di Syriza segnano delle percentuali così alte ad Atene e nella regione dell’Attica, la più grande del territorio, che raccoglie quasi un terzo della popolazione greca. A livello simbolico, quindi, visto il rilievo di queste due battaglie elettorali nel cuore del paese, si può dire che la sinistra radicale ha vinto. Il suo candidato sindaco della capitale, Gavriil Sakellaridis, un giovane economista ed attivista, è arrivato secondo, ottenendo il 19,9%, poco meno rispetto al sindaco uscente, Jorgos Kaminis, un indipendente appoggiato dal centro-sinistra (21,1%). Nella regione dell’Attica la candidata di Syriza, Rena Dourou, è in vantaggio dell’1,5% sul suo avversario, Jannis Sgouros, attuale presidente, anche egli di centro-sinistra: 23,8% contro il 22,1%.
Il fatto straordinario è, inoltre, che per la prima volta negli ultimi quarant’anni, dalla caduta cioè della giunta dei colonnelli, vengono esclusi dal ballottaggio i candidati conservatori ad Atene e nell’Attica. In entrambi i casi si è trattato di candidature boicottate anche in seno a Nea Demokratia, in particolare da quelli che non vedono di buon occhio il corteggiamento del premier Samaras nei confronti dei neo-nazisti di Alba Dorata. Come, per esempio, l’ex ministra degli esteri, Dora Bakoyanni, figlia dell’ ex primo ministro Kostantino Mitsotakis, che ha votato per il candidato del Pasok e non per quello del suo partito in segno di protesta contro Samaras. Sconfitta dei candidati conservatori pure a Salonicco, dove ha ottenuto la maggioranza relativa una candidatura indipendente di centrodestra ma in opposizione a quella ufficiale imposta dallo stesso Samaras.
Di fronte al «rischio» di vittoria di Syriza nei ballottaggi, la formazione del premier ha deciso che domenica prossima appoggerà i candidati del centro-sinistra. Nea Demokratia si può consolare con il fatto che i suoi candidati hanno raccolto la maggioranza relativa in otto delle tredici regioni. Oltre al buon risultato dell’Attica, Syriza va al ballottaggio nel Peloponneso e in un’altra regione. Il partito di Tsipras avrebbe forse ottenuto di più se, in alcuni casi, avesse preferito candidati più unitari (e riconoscibili nella società) e non per forza iscritti al movimento.
La tenuta di Nea Demokratia nelle regioni periferiche ha permesso al premier Samaras di salutare come positivo l’esito elettorale, invitando i greci a votare la prossima domenica «per la stabilitá contro le politiche avventurose» di Syriza. Non una parola sulle disastrose condizioni della Grecia, arrivata a questo punto anche a causa delle misure applicate dal suo partito e dal Pasok, al governo da quarant’anni. Da parte sua, Tsipras ha sottolineato che il voto è stato un referendum contro l’austerità, che sarà bissato con sucesso domenica prossima.
Positivo l’esito del referendum vero e proprio sulla decisione presa dal governo di privatizzare l’Ente dell’acqua a Salonicco. Nonostante il tentativo del ministro degli interni di impedire la realizzazione del referendum anche con minacce ai sindaci, tutti i primi cittadini della zona di Salonicco, a prescindere dal loro orientamento, appoggiati da movimenti di massa, hanno dato una risposta chiara al governo centrale organizzando comunque la consultazione. Il 98% degli elettori ha votato no, cioè contro la svendita a multinazionali ad un prezzo tra l’altro stracciato dell’Ente dell’acqua.
La cosa senz’altro più preoccupante di questo appuntamento elettorale riguarda il rafforzamento di Alba Dorata. Ad Atene, i neo-nazisti hanno triplicato la loro forza rispetto alle amministrative del 2010, passando dal 5 al 16,2%, una manciata di voti dietro a Nea Demokratia. E questo nonostante le mobilitazioni antifasciste di massa organizzate dalle sinistre e le indagini della giustizia che hanno caratterizzato Alba Dorata come un’organizzazione criminale. Un anno fa infatti si poteva ancora dire che una fetta degli elettori votava Alba Dorata per protesta, nel tentativo di punire i due principali partiti del potere, Nea Demokratia e Pasok. Ma dopo le rivelazioni di una parte della stampa e le indagini sugli atti criminali dei neo-nazisti (una parte dei deputati di Alba Dorata sono già incarcerati) non c’è più giustificazione per chi vota il partito xenofobo. Non si può più parlare di analfabetismo storico oppure di una semplice ignoranza di fronte ai crimini compiuti dai neo-nazisti. Il candidato di Alba Dorata è stato escluso dal ballottaggio nelle amministrative di Atene, ma sicuramente saranno eletti degli eurodeputati nelle elezioni di domenica prossima. E ciò grazie ai voti di migliaia di greci senza tener conto che è in gioco la stessa democrazia nel paese dove è nata.