Torino – sentenza Foodora, Grimaldi (LeU): le motivazioni non fermeranno la richiesta di diritti e giustizia che arriva dai lavoratori delle piattaforme digitali
diritti, Idee, lavoro, sinistra, solidarietà TAGS / fattorini, foodora, gig economy, Marco Grimaldi, rider, sfruttamento, torino admin 7 maggio 2018Sono state rese pubbliche oggi le motivazioni della sentenza con cui, l’11 aprile, il Tribunale del Lavoro di Torino ha respinto il ricorso dei sei fattorini di Foodora “sloggati” dalla piattaforma in seguito a critiche delle condizioni di lavoro.
La controversia aveva in particolare per oggetto “la domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti (con le connesse domande di corresponsione delle differenze retributive e di accertamento della nullità, inefficacia o illegittimità del licenziamento)”.
Fin dall’inizio la sentenza ha fatto discutere, perché di fatto ha negato la natura subordinata del rapporto di lavoro avvalorata da molti elementi concreti, rifiutando di riconoscere come licenziamenti illegittimi i provvedimenti nei confronti dei rider.
Come si legge nelle motivazioni, il Tribunale ha scelto di non prendere in considerazione “le questioni relative all’adeguatezza del compenso e al presunto sfruttamento dei lavoratori da parte dell’azienda, né tutte le altre complesse problematiche della c.d. Gig Economy”.
In precedenza, numerosi tribunali di diverse giurisdizioni (la California Labor Commission nel 2015, la United States District Court Norther District of California nel 2015, il Tribunale del Lavoro di Londra nel 2015, la Vara do Trabalho de Belo Horizonte il 13 febbraio 2017, la Corte di Giustizia Europea il 26 dicembre 2017) hanno riconosciuto tra i drivers/rider e la piattaforma un rapporto di lavoro subordinato, così come nel caso di Lyft, sempre con sentenza del 2015 dello United States District Court Northern District of California. Analogamente, il Consiglio di Stato in Italia ha evidenziato l’originalità del rapporto con l’utente, irriducibile a una semplice intermediazione. Ciò che accomuna le sentenze richiamate è l’applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma.
“Ci prenderemo il tempo necessario per leggere a fondo e con attenzione le motivazioni delle sentenza su Foodora e per sentire il parere dei ricercatori e dei giuslavoristi con cui da anni collaboriamo” – dichiara il Consigliere di LeU Marco Grimaldi. – “La mia impressione a caldo, tuttavia, è che siamo di fronte a un’impostazione in parte datata, che non tiene conto del dibattito di un intero trentennio, cominciato quando fu negata la natura subordinata del mestiere di pony espress, un esito successivamente ampiamente criticato dalla dottrina giuslavoristica. Inoltre mi sfugge come ‘l’esclusione dalla chat aziendale o dai turni di lavoro’, vale a dire dal lavoro e dal reddito, possa non essere considerata una sanzione disciplinare. Comunque la si pensi” – ha concluso il segretario regionale di Sinistra Italiana, da anni impegnato al fianco dei fattorini di Foodora – ”non credo che le motivazioni della sentenza possano fermare la richiesta di diritti e giustizia che arriva dai lavoratori delle piattaforme digitali”.
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Le motivazioni in breve.
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Il Giudice del Lavoro di Torino, con la sentenza n.778/2018 relativa al cosiddetto “Caso Foodora”, ha ritenuto che i riders non sono lavoratori subordinati in quanto nei fatti è emerso che:
1) «non avevano l’obbligo di effettuare la prestazione lavorativa e il datore di lavoro non aveva l’obbligo di riceverla». L’obbligo di effettuare la consegna discendeva dalla circostanza che «i contratti sottoscritti dai ricorrenti [...] prevedevano la corresponsione di un compenso orario (€ 5,60 lordi all’ora): è quindi logico che i ricorrenti fossero tenuti a fare le consegne che venivano loro comunicate nelle ore per le quali ricevevano il compenso»;
2) i «nuovi strumenti di comunicazione» quali «e-mail [...] internet[...] apposite “app” dello smartphone» sono stati utilizzati per dimostrate esigenze di coordinamento e così in particolare:
- la determinazione di luogo e di orario di lavoro;
- la verifica della presenza dei rider nei punti di partenza;
- le telefonate di sollecito e rilevazione della posizione del rider finalizzate al rispetto dei tempi di consegna pattuiti.
Sono risultati esclusi nei fatti il «costante monitoraggio della prestazione», l’obbligo di seguire percorsi predefiniti e di prolungare l’orario di lavoro.
3) A proposito del potere disciplinare, é risultata dimostrata l’assenza di sanzioni rispetto a quanti non si presentavano ai turni già confermati utilizzando la funzione swap oppure senza avvisare (cd. no show);
«L’esclusione dalla chat aziendale o dai turni di lavoro non può [...] essere considerata una sanzione disciplinare».
4) Esclusa la violazione delle norme antinfortunistiche (art. 2087 c.c.).
5) Sul controllo a distanza il Tribunale ha ritenuto «che le applicazioni dello smarthphone venivano utilizzate dai ricorrenti per rendere la prestazione lavorativa e, in quanto tali, non richiedevano il preventivo accordo con le rappresentanze sindacali» ai sensi del nuovo art. 4 SL.
6) Con riguardo alla privacy ha ritenuto esauriente l’informativa sottoscritta dai riders al momento della stipulazione del contratto di collaborazione.
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Le motivazioni complete le trovi su http://www.tosieassociati.it/pressDett.aspx?SysPk=yP5Dd%2bJX%2bi%2f0RjK%2bODjnNA%3d%3d