Andrà tutto bene? Almeno proviamoci.

cultura, iniziative, Regione admin 19 maggio 2020

scuole

29 aprile 2020

Una grande assenza ha lasciato molti e molte con l’amaro in bocca dopo le ultime parole del Premier Conte: una riflessione su scuola, servizi educativi e infanzia.

Negli ultimi giorni si è parlato di spiagge, take away, parchi, parrucchieri, calcio, ma la chiusura delle scuole fino a settembre è parso un fatto pacifico, che non meritava altre discussioni.

È ovvio che le scuole sono fra i luoghi più promiscui della nostra vita associata e i numeri ancora alti dell’epidemia non permettono la riapertura.

Tuttavia, perché non riusciamo, come si sta facendo in altri Paesi, a immaginare una riorganizzazione dei tempi e degli spazi educativi che non coincida con la chiusura totale e perpetua dei bambini e dei ragazzi nelle loro case? Chiunque sia insegnante o genitore si sta rendendo conto che, nonostante lo sforzo di chi ci mette l’anima, la scuola a distanza non è in grado di garantire davvero e in modo uguale per tutti il diritto allo studio, con un costo elevato sulle situazioni di maggiore fragilità.

E i bambini?

Il lockdown mi ha permesso di fare il papà a tempo quasi pieno, in un Paese in cui i congedi di paternità sono ritenuti lunghi se superano i tre giorni. Ma so bene che molte coppie, famiglie, genitori, non hanno la possibilità che ho avuto io di conciliare a casa smart working e cura. So ancor meglio che quasi sempre questa incombenza ricade sulle donne, proprio perché ancora non sappiamo concepire fino in fondo la genitorialità come un compito di due e il tempo di lavoro come qualcosa cui anche l’uomo può in parte rinunciare.

Ma siamo davvero sicuri che avere frotte di baby sitter e ora, soprattutto, di nonni che ogni giorno si spostano da una casa all’altra sia meno pericoloso di immaginare una parziale riapertura dei servizi per l’infanzia?

A Torino, il comitato #apriamoicortilidellescuole, nato da un gruppo di genitori dell’IC Manzoni, con il sostegno esplicito dell’ex Assessora Federica Patti e della consigliera Eleonora Artesio ha scritto al Governo chiedendo una cosa semplice: l’apertura controllata e contingentata dei cortili scolastici come prima azione per realizzare un riavvicinamento alla scuola e ai servizi educativi, alleviando la quotidianità di molte famiglie.

Ieri la mia amica e compagna Elly Schlein, Vicepresidente della Regione Emilia Romagna, ha lanciato una proposta: che alla strategia di graduale ripresa delle attività produttive si accompagni un percorso di sostegno alle famiglie e ai bambini.

Come? Per esempio con modalità alternative di svolgimento in sicurezza dei centri estivi: attività organizzate in piccoli gruppi, seguiti sempre dallo stesso educatore (o più d’uno ma senza contatti tra gruppi diversi), bambini accolti su più turni, con fasce orarie diversificate in modo da evitare assembramenti, triage all’ingresso, utilizzo da parte degli educatori dei dispositivi di protezione individuale, sanificazione di spazi, giochi e materiali.

L’Emilia ha coinvolto nel suo progetto amministratori locali, coordinamenti pedagogici territoriali, soggetti gestori, Terzo settore, esperti in campo educativo e sanità pubblica, e ha messo il progetto a disposizione della Conferenza delle Regioni e del Governo.

Perché il Piemonte non può fare lo stesso subito? Chi, tra i cinquanta esperti che operano fra l’Unità di crisi e la Regione, è incaricato di occuparsi di questi temi? Poter parlare di fase 2 significa cominciare a ragionare in maniera differenziata su territori, settori, servizi, situazioni. Siamo in ritardo, ma è davvero il momento di pensare al futuro dei più giovani e dei più piccoli.

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