Covid; Se non fermiamo la curva, fra 14 giorni 32mila nuovi contagi, tanti quanti da marzo ad oggi
diritti, Idee, iniziative, istruzione, lavoro, mobilità, Regione, sanità, solidarietà TAGS / covid, lockdown, piemonte, torino admin 29 ottobre 2020Care concittadine e cari concittadini,
stando ai dati della sanità piemontese il raddoppio dei casi avviene ogni 6,5 giorni: se non fermeremo i contagi, entro due settimane rischiamo di avere 60 mila contagiati in regione, come ci fa notare il mio amico e ricercatore Marco Riva. Significa che nei prossimi 14 giorni si ammaleranno tanti piemontesi quanti se ne sono ammalati da marzo a oggi.
Non devo dirvelo io, ma come avrete colto è andata molto male. Ora, al netto di cosa pensate davvero riguardo le misure adottate dalla Regione (il coprifuoco dalle 23 in poi) e del nuovo DPCM, come pensate possa andare meglio?
Visto che vi aggiorno quotidianamente del mio lavoro vorrei dirvi in tutta onestà quello che penso: la seconda ondata è più dura della prima. Lo dicono tanti paesi europei e, piano piano, ce ne stiamo accorgendo anche noi. Eppure le centinaia di segnalazioni che ci stanno arrivando ci restituiscono una Regione impreparata; siamo travolti dalla seconda ondata come se la prima non ci fosse mai stata.
A Torino il 14 ottobre scorso si erano ammalate 280 persone in più del giorno precedente, dopo sole due settimane l’aumento giornaliero è di 1616 nuovi contagiati; nello stesso periodo in Piemonte i nuovi contagiati giornalieri sono passati da 499 a 2872. Questo accade nonostante la nostra capacità di effettuare tamponi sia inferiore alle grandi regioni del nord, e nonostante non riusciamo a testare neppure tutte le persone che hanno i sintomi del Covid, figurarsi gli asintomatici (che attualmente sono circa il 45% delle persone risultate positive) che propagano i contagi senza neppure accorgersene.
I dati sono spaventosi: fra 6 giorni e mezzo (il tempo di raddoppio stimato dei casi per la nostra regione) a Torino potremmo avere oltre 3200 nuovi contagiati ogni giorno, e se la curva non rallenterà di molto le terapie intensive arriveranno al punto di saturazione nel giro di 20-30 giorni. Non mi occupo di statistica e non sono un epidemiologo ma facendo una stima al ribasso, se tutto rimarrà come oggi, prima di fine novembre potremo avere più di 100.000 casi nella nostra città metropolitana.
Lo sapevamo che non ci saremmo potuti permettere di arrivare impreparati ad oggi, eppure i dati impietosi del Piemonte – la seconda Regione con la crescita giornaliera di positivi più alta dopo la Lombardia, in un testa a testa poco incoraggiante con la Campania – sono il risultato delle cose non fatte dal Presidente Cirio e dalla sua Giunta.
Come vi dicevo qualche tempo fa, avremmo dovuto utilizzare meglio la nostra libertà (molti lo hanno fatto a dire il vero), e lo Stato avrebbe dovuto provare a spegnere la “fiamma pilota del Covid” nei mesi estivi. Ma non è mai tempo dei se. Ora meno che mai.
Che fare ora? La prima fase ha avuto due pilastri. Chiusura delle scuole subito, poi quelle dei grandi attrattori di aggregazione, in ultimo le attività non essenziali fino al lockdown completo.
Molti sono convinti che dobbiamo fare di tutto per salvare la didattica in presenza e le attività che non possono che essere svolte in presenza, come tante attività produttive. Sono d’accordo ma a che prezzo?
Per evitare un lockdown totale, se ancora siamo in tempo di evitarlo, dobbiamo limitare al massimo gli spostamenti superflui e, soprattutto, provare il più possibile a separare i contatti tra i più giovani e i più anziani: i reparti di terapia intensiva rischiano il collasso solo a causa degli ultra-50enni infettati dal virus mentre per chi ha un’età inferiore – nonostante si ammali esattamente quanto i più anziani, i casi di questa seconda ondata anzi sono più giovani (25-64 anni) – il ricovero è un’eccezione.
È un sacrificio enorme. Non possiamo certo imporre un lockdown generazionale ma possiamo in parte trovare delle soluzioni più avanzate. Nella prima fase abbiamo resistito senza adeguati dispositivi di sicurezza e senza conoscenze, ora che abbiamo tutto questo e non possiamo permetterci di gettare all’aria tutti i sacrifici che abbiamo fatto a causa della pur comprensibile esasperazione: l’alternativa all’isolamento volontario è attendere una settimana e, se le statistiche verranno rispettate, chiudere nuovamente tutto. Che è comunque meglio della cronaca di una strage annunciata.