l’Italia delle intelligenze.
Idee admin 18 dicembre 2012Quest’anno in Piemonte su novemila studenti “capaci e meritevoli” più di cinquemila non avranno la borsa di studio. Fino al 2010, con il centrosinistra, le borse di studio erogate erano più di diecimila.
Altro che merito.
Da anni la parola “meritocrazia” viene usata come un’arma per legittimare l’aumento delle disuguaglianze: spesso ci si preoccupa che quell’uno su 1000 che ce la fa sia davvero il migliore, salvo poi non fare nulla per gli altri 999.
Qualcuno vorrebbe un Paese in cui i figli dei ricchi frequentano le università private più costose (possibilmente all’estero), magari per poi diventare ministri tecnici in nome della meritocrazia.
Anche a sinistra c’è chi ha ceduto al richiamo del lato oscuro della forza e ha pensato che fosse sufficiente garantire a tutti le stesse condizioni di partenza, ossia regole uguali per tutti. Invece non basta, soprattutto in ambiti come l’istruzione e il diritto allo studio universitario.
Non basta perché i punti di partenza non sono mai uguali: il sapere, come i soldi, va sempre dove ce n’è di più.
Non basta perché il diritto di ognuno a studiare va di pari passo con l’interesse del Paese che gli istruiti (magari laureati) siano sempre di più.
Noi dobbiamo invece costruire un’Italia in cui l’intelligenza e la conoscenza siano un bene collettivo, a cui tutti devono avere accesso.
Peccato che l’Italia sia l’unica nazione in cui esistono migliaia di idonei che hanno diritto a ricevere una borsa di studio ma che non la vincono per carenza di fondi, ed è anche drammaticamente arretrata nella classifica europea per numero di laureati.
Chi ha diritto a ottenere una borsa di studio deve riceverla, come succede in tutta Europa e come accadeva in Piemonte prima dell’arrivo di Cota: oggi invece tra gli idonei meno del 50% riceve la borsa, a causa delle scelte assurde di una giunta leghista che vuole discriminare i giovani meridionali e boicotta di proposito l’internazionalizzazione della nostra regione.
L’edilizia universitaria deve essere rilanciata, anche favorendo l’incontro tra domanda e offerta di posti letto a prezzi calmierati e dimezzando l’IMU per gli affitti concordati (incentivando anche l’uscita dal mercato degli affitti in nero agli studenti).
Occorrono criteri nazionali sul diritto allo studio per evitare che il cambio di un governo regionale possa portare da un giorno all’altro migliaia di studenti a non potersi più permettere di studiare.
L’ISEE, così come funziona oggi, non può essere l’unico parametro per concedere le borse di studio, visto che è poco verificabile e consente a troppi “furbetti” di penalizzare chi ha davvero bisogno.
Chi ha le capacità deve poter frequentare un’università di qualità, perché ogni studente istruito è prima di tutto una risorsa di immenso valore per la società e per lo sviluppo, perché tanti studenti istruiti sono la forza di un Paese.
La conoscenza è la chiave con cui anche Torino e il Piemonte possono uscire più forti dalla crisi: eccellenza degli atenei, diritto allo studio e servizi agli studenti possono attrarre giovani, investimenti, innovazione.
La fuga dei cervelli deve lasciare il posto all’Italia delle intelligenze. Servono fondi, certo, ma serve soprattutto stabilire che questa è una priorità non rinviabile.
La costituzione dice “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”: la sinistra dovrà trasformare questo in realtà, attraendo anche centinaia di migliaia di studenti da tutto il mondo. Sono queste l’Italia e l’Europa della conoscenza.